Proseguiamo il nostro viaggio alla scoperta della storie selezionate dal sito Oxygen 26, che con il giornalista Nicola Ferrero, nei mesi scorsi le ha raccolte sui siti internet delle società che stanno studiando le nuove frontiere dell’agricoltura “possibile”.
Le proponiamo alla piccola comunità di lettori di questo blog, in questa seconda puntata, come stimolo al ragionamento e informazione.

 

Freight Farms, il container idroponico

Brad McNamara e Jon Friedman, i due giovani che hanno dato vita nel 2010 a questo progetto, stavano lavorando per un’azienda produttrice di serre da terrazzo quando ebbero una bizzarra idea: perché non utilizzare dei container (sì, proprio i container da trasporto navale) per creare un ambiente stagno, iper controllato e controllabile, dotato di una serie di apparecchiature che permettano di coltivare in idroponico al suo interno? Detto fatto, è nata la loro Leafy Green Machine: una sorta di modulo che ti arriva a casa già dotato di tutti i macchinari necessari per cominciare subito a coltivare verdura. Il container è coibentato, ha una serie di sensori che tengono sotto controllo la temperatura, il grado di umidità e il livello di CO2, è dotato di una serie di postazioni per coltivare verdure in regime idroponico (insalata di tutti i tipi, piante aromatiche o della famiglia delle brassicacee, come cavoli, senape, colza, rape), è dotata di una zona per la germinazione, che può ospitare fino a 2500 piantine, e una per la crescita, formata da torri verticali che arrivano a contenere 4500 piante. Il sistema di irrigazione è automatizzato e il tutto è a portata di smartphone, come sempre. Viene consigliato ai ristoranti che vogliono avere la propria produzione, senza dover dipendere dal clima e senza inquinare (verdura a metro zero, altro che chilometro zero!), alle scuole o ai college che vogliono produrre verdure per la propria mensa in maniera sostenibile, ma anche ai normali cittadini che vogliono una serra un po’ particolare. Il prezzo? Scrivete per maggiori informazioni.
freightfarms.com

Orto underground

L’idea, di per sé, è semplice: realizzare coltivazioni per produrre cibo in modo sostenibile, senza emissioni di CO2 e senza dipendere dal petrolio o dai suoi derivati. State pensando agli orti urbani? A qualche forma di network di contadini che organizzano mercati a basso impatto? Siete fuori strada. L’idea che è venuta a due londinesi, Rich Ballard e Steven Dring, è ben più radicale: mettere in piedi una coltivazione idroponica che sfrutti unicamente l’illuminazione LED, 30 metri sotto il livello del suolo. Il progetto può sembrare assurdo, a prima vista, ma ha una sua logica profonda e anche parecchi aspetti positivi: riduzione delle emissioni di CO2 (le verdure prodotte sono destinate unicamente a Londra, quindi il problema delle food miles non si pone e l’illuminazione a LED è tra le più sostenibili; utilizzo di una quantità d’acqua inferiore del 70% rispetto a una coltivazione tradizionale; sfruttamento di un’area dismessa e possibilità di coltivare senza utilizzare altro terreno. Ballard e Dring hanno trovato un vecchio rifugio antiaereo della seconda guerra mondiale nel sud di Londra (che ha l’enorme vantaggio di mantenere una temperatura costante di 16° per tutto l’anno), vicino alla stazione metro di Clapham North, l’hanno affittato per 25 anni e hanno iniziato circa 18 mesi fa la loro avventura. Su un’area di un ettaro coltivano per ora germogli di ravanelli, di piselli e senape a foglia rossa. La qualità è tale che lo chef Michel Roux (il suo ristorante, Le Gavroche, ha due stelle Michelin) ha appoggiato il progetto e vi partecipa attivamente.
zerocarbonfood.co.uk