Correva l’anno di grazia 1948. L’Italia era divisa in due, politicamente e ideologicamente. Le elezioni del 18 aprile per il rinnovo del parlamento dovevano decidere il futuro del nostro Paese: stare con l’Occidente liberale, democratico e cristiano oppure con l’Unione Sovietica comunista, tirannica e atea. In sintesi, la Dc di Alcide De Gasperi contro il Pci di Palmiro Togliatti.

Lo scontro propagandistico fu violento e superò le regole della cavalleria politica. Come scrisse un cronista dell’epoca, “scesero in campo santi, miti, pregiudizi e timori, paure ataviche e isterie collettive, imbrogli e doppi sensi, sarcasmi e antiche rivalità, e poi slogan, richiami, sbeffeggi e bassezze, tutto il repertorio improvvisato di un’Italia che si lasciò andare a una lotta insieme casalinga e internazionale, paesana ma ideologica, comiziale o metafisica”.

Dimenticò, quel cronista, di aggiungere che nella “lotta metafisica” fu arruolata la Madonna. La chiamarono alle armi i comitati civici di Luigi Gedda, cattolicissimo democristiano, che li fondò per l’occasione su mandato spirituale di Pio XII.

Quell’Italia, nonostante l’esperienza tragica della guerra e del sanguinoso scontro civile che ne seguì, era ingenua e in gran parte timorata di Dio. Il sacro e il miracolistico erano percepiti da una gran massa di cittadini come soluzioni dei problemi. Circolò l’idea che soltanto un miracolo della Madonna avrebbe potuto salvare la civiltà e la patria dal comunismo. Un vero referendum: Sì o No alla barbarie.
In questo clima i comitati civici e la Chiesa pacelliana, scesero nell’agone e schierarono in prima linea la Madonna, il cui simulacro prese a viaggiare per città, paesi e contrade della penisola e delle isole. La gente accorreva e assisteva alle funzioni liturgiche di preti, vescovi e arcivescovi. E pregava perché accadesse il miracolo dell’illuminazione delle menti di una grande maggioranza degli italiani. Fu chiamata da tutti “Madonna pellegrina”.

A distanza di quasi settant’anni, anche oggi, nell’Anno Domini 2016, una Madonna pellegrina percorre città, paesi e contrade d’Italia. Non è un simulacro, non viene portata a spalla dai fedeli.

Percorre i cieli a bordo di jet, anche di Stato, e allunga il suo percorso fino al Sudamerica, dove impartisce benedizioni agli italiani dei lidi più lontani.

La Madonna pellegrina dei nostri giorni ha le sembianze botticelliane di Maria Elena Boschi. Non è emissaria pontificia, non invita alla preghiera: è ambasciatrice del suo capo politico e spirituale.

Da lui ha imparato una serie di litanie, che ripete di fronte a platee di fedeli in adorazione del suo sorriso. Nessuno la interrompe perché, come gli scolari che sanno a memoria la lezione, perderebbe il filo del discorso.

Maria Elena pellegrina ha fatto tappa anche in Sardegna. Ha sostenuto, senza arrossire, che l’autonomia della Regione sarà rafforzata, che il nuovo senato sarà snello per cura dimagrante e, anche se potranno sedervi ragazzotti di diciotto o vent’anni snaturandone storia, etimologia e significato, garantirà efficienza e saggezza.

Tutto sarà nuovo e scintillante, l’economia galopperà come non mai, i costi delle istituzioni saranno dimezzati, la finanza internazionale si addomesticherà, i migranti … no dei migranti non parla, ci vuole una faccia tosta più tosta della sua per fare promesse in merito. Finalmente l’Italia, sostiene imponendosi di non ridere, potrà diventare la locomotiva dell’Europa di cui Renzi sarà il conduttore. Il conducator d’Italia come Ceausescu lo fu della Romania.

Può dirci, la dolce ministra, come tutto questo ben di Dio possa derivare da una parziale riforma della Costituzione? Nessuno dei suoi fedeli le ha mai posto questa domanda.

Alla Madonna però bisogna credere. Con toni suasivi, parafrasando un celebre incipit di Papa Giovanni XXIII, ha rivolto ai sardi un invito: “Quando tornate a casa parlatene, parlate con i colleghi di lavoro, con gli amici del calcetto, su Facebook e anche con i parenti meno simpatici”.

Mancano nell’elenco i truffati di Banca Etruria. Dai quali è meglio per lei e i suoi familiari stare lontano.
Fra due giorni sapremo se questa volta la Madonna laica ha fatto il miracolo come quella cattolica di Pio XII e Luigi Gedda nel 1948.

Sapremo se la corazzata Rai al comando dell’ammiraglio Renzi ha colpito a morte il nemico. Sapremo se gli italiani hanno creduto alle renzate stratosferiche che la propaganda governativa diffonde con mezzi leciti e illeciti. Sapremo se la Costituzione più bella del mondo (copyright di Oscar Luigi Scalfaro) è diventata la più bella dell’universo grazie al maquillage degli estetisti Maria Elena e Matteo.

Non voglio fare l’elenco delle fesserie (sì, fesserie) di questa cacoriforma perché molto se n’è detto e sarebbe noioso ripeterlo. Voglio però dire di quella lettera senza mittente giunta a me come a milioni di cittadini italiani. Il postino, nell’epoca delle e-mail e della Pec, ormai è latore soltanto di bollettini di pagamento.

E’ stata piacevole sorpresa scoprire che me l’aveva inviata non l’Agenzia delle entrate ma il munifico presidente del Consiglio dei ministri che, questa volta, non mi elargiva mance né mi imponeva, come è sua abitudine, una nuova gabella occulta. La lettera contiene otto pagine a colori nelle quali mi spiega perché è bello il Sì e il No è brutto. Se fossi stato un indeciso mi avrebbe convinto. A votare No.

Le sue argomentazioni sono indimostrate: con il Sì tutto sarà buono perché sarà buono e tutto sarà bello perché sarà bello. E sono, le sue tesi, anche frutto di ignoranza. Afferma infatti che i sostenitori del No sono un’accozzaglia perché provengono da schieramenti politici diversi.

Non sa, il rampollo, che la Costituzione che lui vuole modificare è nata proprio dall’incontro e dalla sintesi di idee diverse e persino opposte. Una Costituzione, ossia la legge delle leggi, non può scriverla e imporla un governo composto di santini e madonne; non può essere approvata da una maggioranza parlamentare sorretta da transfughi e votata dopo che le opposizioni hanno abbandonato l’aula.

E’ un atto di forza che ne minaccia altri. La Storia ci insegna che spesso le dittature sono figlie di democrazie degenerate. In questo campo noi italiani abbiamo già dato. Un altro Ventennio vorremmo evitarlo. A questo progetto diciamo No.