Non scrivo per cercare di convincere quelli che hanno già deciso di votare SI. Sarebbe tempo perso per una lunga serie di motivi che sarebbe troppo lungo spiegare qui.

Vorrei invece invitare ad andare a votare NO gli indecisi e soprattutto quelli che, con i più disparati motivi, pensano che l’astensione sia la carta giusta da giocare contro la riforma Renzi Boschi.

Nel fronte astensionista riscontro – con mio grande dispiacere – la presenza di Sardigna Natzione Indipendentzia.

Devo dire che della posizione espressa sul referendum trovo sbagliata l’impostazione, inconsistenti le motivazioni e scorretta la conclusione.

L’impostazione, secondo cui votare SI o NO rappresenterebbe un’implicita accettazione della dominazione italiana, la ritengo affetta da malattia infantile dell’indipendentismo: qui non si giudica l’appartenenza o meno della Sardigna all’Italia ma la possibile stretta centralista dello Stato di cui purtroppo facciamo ancora parte.

Una concezione estremista che pretende di astenersi da una decisione anche se una delle due opzioni ha comunque dei vantaggi.

Una concezione di principio che sembra quella cantata da De Andrè, col carcerato che rinunciava all’ora d’aria per non respirare la stessa aria di un secondino.

La nostra autonomia, bella, brutta, incompleta, inutilizzata, riduttiva, tutto ciò che volete, offre pur sempre un margine di autogoverno. Certo, su cose marginali, parziali, ma pur sempre importanti.

Ad esempio sulla competenza di insegnamento della lingua sarda, che come indipendentisti non riteniamo affatto marginale ma evidentemente siamo disposti a perdere in nome di una purezza ideale… che ci obbligherà a parlare e scrivere esclusivamente italiano.

Ad esempio sul Piano Paesaggistico, ma evidentemente per sbandierare la nostra indefettibile fede siamo disposti a lasciare che se ne occupino a Roma. Magari assieme ai palazzinari della Magliana e della Camorra.

Ma anche su scuola, acque termali, porti, e mille altri aspetti della nostra autonomia lasciata pressoché inutilizzata da settant’anni di amministrazione italianista. Io penso che sia sempre meglio avere un’autonomia che domani puoi decidere di sfruttare al meglio che non avere nessuna autonomia.

Perchè in discussione non è quanto sia bella o brutta la nostra autonomia speciale, ma il fatto che con la riforma Renzi essa finirebbe per essere abolita.

Nonostante ciò si sostiene l’astensione con argomentazioni assolutamente inconsistenti.
Cumpostu, coordinatore nazionale di SNI, dice che la clausola di supremazia non avrà valore per la Sardigna, perché all’art. 39 comma 3 si dice chiaramente che le Regioni a statuto speciale resteranno tali “fino all’adeguamento dei rispettivi statuti sulla base di intese con le medesime regioni”.

Quindi siccome questa clausola entrerà solo a seguito di intese con lo Stato, allora possiamo stare tranquilli. Ci fregheranno dopo, non subito.
Una clausola di supremazia che Cumpostu sottolinea come già in vigore sulla questione scorie nucleari (e questo è preoccupantemente vero), ma si dimentica di dire che oggi questa clausola trova davanti a sé un minimo di barriera, ad esempio con le competenze regionali di Valutazione di Impatto Ambientale che più volte hanno messo in discussione e bloccato tanti progetti pirateschi che intendevano sbarcare sulla nostra isola. Se vincesse il SI al referendum si passerebbe direttamente da Roma e la strada sarebbe spianata per tutti e per tutto. Inceneritori, discariche, parchi eolici, termodinamico…

Credo che sia paradossale che un indipendentista, che lotta per dare diritti al suo popolo, anziché porsi il problema di difendere tutti i diritti acquisiti e acquisirne di nuovi, accetti di perderli tutti per una questione di principio, facendo un favore a chi questi diritti li vuole abolire.

Perché in questo referendum, in cui non c’è nessun quorum da raggiungere, Renzi ha dalla sua parte tutti i SI e tutti gli astenuti, in quanto chi non gli va contro esplicitamente votando NO lascia passare la sua riforma.

Arriviamo quindi al paradosso che a fare un favore ai peggiori nemici della Sardigna, a sostenere una forma ancora peggiore e più centralistica di dominazione italiana, sono proprio quegli indipendentisti che non andando a votare crederanno di dimostrare il più fervido patriottismo. Secondo questi indipendentisti i Sardi dovrebbero lasciare che gli Italiani si rechino alle urne per decidere della sorte dell’autonomia dei Sardi. Che atto di ribellione! A Roma già tremano all’idea.

Le conclusioni della proposta sono poi ancora peggiori. Perché è una vecchia e logora furbata quella di pretendere di attribuirsi come esplicito consenso la percentuale degli astenuti. Astenuti che di volta in volta, a seconda dell’interprete, possono essere spacciati per convinti libertari, accesi indipendentisti o coscienti rivoluzionari.

Mi permetto di smorzare gli entusiasmi e far notare che solo una parte infinitesimale di essi ha queste caratteristiche e non si reca a votare per chiara e determinata coscienza politica. Il resto è solo triste, banale, scoraggiante menefreghismo nella convinzione radicata che niente cambierà e niente mai potrà cambiare.

Nella quasi totalità non sono astensionisti di principio ma solo una desolante massa di persone fataliste che lascia sistematicamente che gli altri decidano per loro.

Non trovo perciò per niente corretto spacciare i rinunciatari passivi per sostenitori dell’indipendenza, sia per non esaltare loro, sia per non ingannare i Sardi su cose che non sono, sia per non prendere in giro gli indipendentisti, che hanno parecchia gente ancora da convincere e sono solo all’inizio del lavoro. Altro che 50%.

E in conclusione mi dispiace anche che Cumpostu, che beninteso stimo e rispetto, da diverso tempo e ancora, cerchi di far passare i sostenitori del NO (oltre che quelli del SI) come difensori della dominazione italiana e come, cito testualmente, “dipendentisti”.

Io e i miei compagni di Libe.r.u, che dedichiamo la nostra vita alla lotta d’indipendenza e in questo referendum voteremo NO, non siamo assolutamente “dipendentisti”, può starne certo Bustianu Cumpostu.

E resto anche piuttosto sorpreso dal fatto che lui, che taccia i sostenitori del NO come “dipendentisti”, faccia parte di una “mesa” con gruppi che sostengono il NO.

Mentre lui si riordina le idee sui suoi progetti indipendentisti con gente che lui stesso definisce “dipendentista”, io invito tutti i cittadini Sardi ad andare a votare NO per difendere con forza le competenze e le prerogative conquistate dal popolo sardo, in un’ottica di acquisizione di nuovi spazi decisionali e contro la riforma centralista italiana.

Su 4 de nadale bota NO!