Io non c’entro niente, eppure ho provato un senso di umiliazione, come ogni volta che vedo la mia gente e la mia terra trattata in maniera umiliante.

Il presidente cinese arriva in Sardigna, e con le autorità regionali visita brevemente Nora, mangia un dolce e beve un bicchiere di vino. Nel frattempo intorno a lui si accalcano vestiti e maschere tradizionali.

Sapete già come la penso sulle maschere tradizionali e, pur con tutto il rispetto per i gruppi, non condivido questa politica. Perché se il presidente avesse fatto un’unica tappa a Roma non credo che gli avrebbero portato le gondole sul Tevere. No Venezia? No gondola.

Ma in Sardigna è diverso. E per fortuna smontare i nuraghi è problematico, senò Barumini sarebbe stata turista per sempre.
Ma poi si arriva al sodo, si parla di economia. “Dovreste vendere olio, vino e formaggi in internet”. Accidenti che consiglio. Roba potente, economia d’assalto.

“Grazie alla mia visita qui verranno tanti turisti cinesi”.

“Un mercato potenziale di un miliardo e mezzo di turisti” aggiunge qualche assessore regionale.

Lasci perdere, che ogni anno dimostriamo di non saperne gestire tre milioni.

Il presidente Pigliaru allora fa la voce grossa, e millanta ai giornalisti che in questo immenso mercato porteremo i prodotti sardi, “con un marchio che è ben riconoscibile”. Non si sa di quale marchio “ben riconoscibile” parli. Forse del tricolore che c’è in tutte le centinaia di migliaia di prodotti italiani.

Ma stranamente i cinesi non spiegano bene il perché della loro presenza proprio in Sardigna. La scusa che sia “di passaggio andando in Marocco” la lasciamo ai più creduloni.

Magari potrebbero raccontarci che una delle principali necessità del gigante cinese (e di tutto il mondo industrializzato) è l’energia. Così se avessero preso l’argomento magari ci sarebbe tornato in mente che a Narbolia c’è già un mega parco fotovoltaico camuffato da serre. A capitali cinesi.

Ma per parlare di progetti di energia non serve il nostro Francesco, di cose serie si parla con Renzi. Al limite noi mettiamo la terra e il sole. Gratis. Che c’è la “clausola di supremazia” pronta col SI.

E quindi, manco a farlo apposta, ti si catapulta Renzi, che fa due giravolte a Cagliari per salutare le truppe adoranti e poi corre a cena col presidente cinese.

Presidenti, rispettive mogli e ministri cinesi.
E Francesco? E Massimo? I padroni di casa fuori dalla porta.

“O Mattè, là ghe a Chiagliari ci hai promesso a senatori!”

“Ragazzi, abbiate pazienza, magari prendetevi un panino dal caddozzone. Dobbiamo parlare di cose importanti. Cose da grandi. Ci sentiamo domani”

L’indomani Renzi torna a Cagliari, deve fare il Patto per Cagliari. 168 milioni.

Un benefattore. Milioni di qua, milioni di là.
“Accidenti, mi sono lasciato il libretto degli assegni a casa. Ma giuro che ve li do eh!”

E tutti a sperare che non finisca come il Patto per la Sardegna firmato a luglio, che la cosa più certa finora è l’inceneritore di Tossilo. Così gli bruciamo la munnezza.

Per il resto, insomma, le promesse sono fatte e se il 4 dicembre non vince il SI… nessuno si lamenti se non arrivano i soldi.

Macchè ricatto. Che paroloni. Diciamo che si chiamano “proposte che non si possono rifiutare”.

“Bene amici sardi, gli accordi sono presi, è ora di partire che c’è strada da fare.”

Alla stazione c’erano tutti, con gli occhi rossi e il cappello in mano.