Ho gestito per conto del governo, tanti anni fa, il progetto completamente finanziato dai fondi comunitari che ha portato successivamente alla nascita di “Cortes Apertas”, la “Montagna Produce” e tante altre iniziative.

Ricordo le grandi difficoltà che trovai con alcuni sindaci, con alcune categorie di lavoratori, con alcuni produttori. Difficile era lavorare nella unicità del progetto, fare capire l’intento unico, creare filiere certificate di garanzia, spiegare le prerogative dei prodotti, i sistemi di presentazione, lavorare per gruppi, creare i sistemi di qualità, etc..

Allora i pasti si offrivano, le produzioni artigianali e alimentari erano tutte incentivate e ben remunerare dai fondi comunitari.

I problemi grossi nascevano dal controllo della filiera dei prodotti. Con enormi sacrifici il progetto ebbe un grande successo…tanto che fu considerato leader in Europa. Ancora oggi quando vado nei paesi interessati dal progetto vengo accolto da veri amici.

Noi sardi abbiamo grandi difficoltà nei rapporti e nella comunicazione. Ci hanno abituato ad un approccio da servi. Ci hanno abituato ad accontentarci del nulla. Ci hanno abituato a non essere intraprendenti.

È preferibile fare l’usciere, lavorare per tre mesi alla forestale, essere cassiere part time in un supermercato che creare impresa, inventarsi una propria attività, esaltarsi nell’immaginare la vita, nel realizzare i propri sogni.

Alcuni paesi interessati continuano a seguire quel progetto, altri no. Da quel progetto che ha avuto un ottimo mainstream sono nate una infinità di imprese. Imprese che producono prodotti locali di qualità venduti anche fuori dell’Isola. Quei dieci paesi iniziali sono diventati tantissimi.

Quelli che non erano nel progetto forse la considerano una sagra. Così non deve essere. È una fiera. È l’occasione per mostrare quanto è bello e unico il proprio paese, incantare gli ospiti con i prodotti unici e le imprese, per fare contratti e infine per conoscersi con altre entità vicine e lontane.

No, non deve essere una sagra, non è la festa del santo; anche se pure quella occorre sapere sfruttare. Nelle sagre ci possono stare bene anche le bancherelle dei marocchini, dei cinesi e anche dei paesani vicini. Nelle fiere si mostra il meglio dei propri prodotti. Ora un aneddoto…qualche anno fa andai assieme a un funzionario del governo che lavorò a quel progetto in un paese della Barbagia…un amico veneto. Assieme alle nostre mogli girammo nel paese barbaricino, era zeppo di gente.

Mangiammo curlurgiones con parmigiano e stetti zitto, bevemmo cannonau con qualche goccia d’acqua e stetti zitto, digerimmo con mirto di Zedda e Piras e stetti zitto. Poi si innamorò di una berrita in una sartoria e la comprò per 35 euro. Non la tolse più dalla testa. Lo salutai che sulla nave sbandierava la berrita. Mi telefonò da Treviso due giorni dopo incazzato nero…la berrita aveva il marchio Made in China.