Mentre il van mi riportava da Islamorada (nella estremità sud orientale degli States) a Miami Lakes dove vivo, il mio pensiero in dormiveglia era fisso a New York.

Non che in Florida io stia male, tutt’altro. Al momento poi passavo da un lungo week-end come speaker di un un mondiale di windsurf e di incontro con John Sutter (indimenticato campione di basket del Brill Cagliari), al ritorno nella mia dolce casetta e dalla mia cara mogliettina.Ero pronto, l’indomani mattina, a riprendere il comando della mia cattedra nel Liceo “American Senior High School”, dove insegno italiano.

E allora, perchè il pensiero sognante era rivolto alla New York da nove mesi abbandonata, anziché al mio solito chiodo fisso dei miei angoli di Sardegna ?
Semplice, perchè sapevo che a New York, nel nostro ‘covo’ del DOC Wine Bar a Brooklyn si riunivano gli amici soci del “Cagliari Club NY NY “ per una serata speciale con un ospite speciale.

Immaginavo gli ospiti, immaginavo il cibo, immaginavo is fueddus e is arrisus. Mi facevo delle domande.

Avranno portato lo striscione ? Vuoi vedere che Claudio metterà Non potho reposare in sottofondo quando si stappano quelle prime bottiglie di vermentino e di cannonau? Ci saranno le belle sorelle Cossu di Thiesi?

Chissà quali barzellette in sardo toglieranno fuori questa volta Silvio, Ivo, Marco, Jorge,Maurizio. Maria Grazie con chi si accompagnerà?

Speriamo che mia figlia Giulia leghi bene con Manuela e Maria Grazia.

Immaginavo gli abbracci e le risate, mi sentivo in bocca il sapore dei malloreddus.

Si riunivano per la prima volta senza di me, dopo la mia dipartita dalla big apple, dopo che dieci incontri in meno di due anni avevano creato una amicizia speciale.

Cosa abbiamo in comune in questo bel gruppo di persone?

L’amore per il Cagliari Calcio?

Macchè, solo in tre o quattro seguiamo veramente le partite del Cagliari e alcuni addirittura si dichiarano tifosi di Inter, Juve o Milan.

La presenza di Anthony e Manuela come ‘special guest’?

Macché, neanche la metà sapeva veramente chi era Anthony e cosa fa o cosa ha fatto.

No, il nostro comune denominatore è l’ESSERE SARDI. Sardi amanti della Sardegna, sardi cresciuti in Sardegna, che sono andati via cinque, dieci, venti anni fa, per affermarsi professionalmente, ma che la Sardegna la conservano nell’animo nelle parole, nel palato.

La Sardegna ce l’abbiamo nel sangue, ci segue come un’ombra e ci salta addosso appena la possiamo indossare.

Abbiamo provenienze e professioni diverse, per lo più non ci vediamo o non ci sentiamo per mesi, ma quando scatta la convocazione del Presidente c’è un desiderio irrefrenabile di ritrovarsi. Succedeva con me, succede ora con Silvio a cui ho lasciato la poltrona col mirto.

Silvio Podda, the new President, enfant prodige cagliaritano che dopo vent’anni di lauree, master e dottorati è a capo del reparto di chirurgia plastica cranio-facciale nell’ospedale di Newark.

Ogni mattina presto lascia la sua magnifica penthouse che guarda sul Central Park, attraversa il Washington Bridge e tutto il giorno aggiusta visi e teste di persone vittime di incidenti gravi.

Spesso parte in missioni umanitarie in luoghi colpiti da guerre in Africa o Medio Oriente e salva la vita a uomini, donne bambini martoriati dalle bombe.

Maria Grazia Basciu che ha lasciato Senorbì più di vent’anni fa e a New York ha messo radici profonde occupandosi di gestioni patrimoniali e negozi.

Emanuela Pacifico che da Cagliari andò via nel nuovo millennio e che a New York ha trovato uno spazio importante nella distribuzione di prodotti per la ristorazione ed ora ha coinvolto alla sardità il marito ristoratore siciliano.

Come non menzionare Filippo Careddu, sardista convinto, che dopo l’esperienza in Meridiana ha lasciato Olbia per distribuire olii e vini italiani e sardi deep downtown Manhattan. E che dire di Marco Arconte, top-manager trentenne di Cabras, pluridecorato nel suo campo con una carriera lampo da giovanissimo dopo aver studiato ed essersi affermato in Svizzera e in tutta Europa.

E’ giunto a New York nel 2010 per guidare il rinomato Cipriani. Ora è chief food and beverage manager nella più importante catena di ristoranti di Manhattan e Westchester.

La sua stessa scuola alberghiera in Svizzera l’ha fatta con successo Ivo Spanedda, bosano, compagno da giovane di Anthony e oggi manager di un ristorante importante down at Battery Park.

E’ tutto lavoro, figlio e una sortita a Bosa di 15 gg all’anno prima di rituffarsi nel lavoro. Ma per una cena col Cagliari Club il tempo lo crea.

Ogni tanto compare ed è dei nostri Giorgio Jorge Casu, pittore e artista internazionale di San Gavino che a New York fa base e mostre quando non è in Messico o in India o in Sardegna a dipingere enormi murales col suo stile inconfondibile.

Elena Lecca che meno di dieci anni fa ha lasciato i genitori a Quartu per affermarsi nella grande mela e adesso fa l’incoming dei gruppi internazionali al Park Meridien Hotel in piena mid-town. Il suo amore per Tony Margiotta, rinomato importatore di vino del sud Italia è nato alle cene del Cagliari Club NY e questa scorsa estate l’ha trascinato in Sardegna a fargli conoscere i suoi genitori e la nostra terra.

Elena ci ha fatto conoscere e inglobare nel nostro gruppo le sorelle Cossu, altre due bellezze sarde di Thiesi.

Giulia commercialista, laureatasi in continente e oggi quasi cittadina americana che cura i libri contabili delle più importanti ditte italiane dall’alto del 23° piano dell’Empire State Building.

Da lei o dalla bella sorellina Elena, ottime calciatrici, non manca mai un bel pezzo di formaggio pecorino sardo della famosa ditta del padre. Ora Elena ha lasciato la ditta di importazioni per la quale lavorava per dedicarsi principalmente alla diffusione in tutti gli States dei formaggi di casa.

Valentina Carrus di Muravera, aveva vinto la green card alla lotteria alcuni anni fa e la tiene ben stretta tra un part-time per l’Alitalia a JFK e un’altra serata dietro il bancone a servire i clienti.

Maurizio Trois, l’ultimo arrivato, che ha lasciato le stamperie storiche e le incombenze di famiglia al fratello a Cagliari e che a New York ha subito raggiunto una posizione solida nel real estate.

Questi sono solo alcuni dei ‘bei’ sardi che ci accompagnano , l’hard-core della nostra associazione.

Dovrei menzionare per primi i padroni di casa al DOC wine bar, che ci fanno sentire come quando si entra nella stanza col caminetto di casa nostra. Claudio Coronas con la moglie Rosanna Patteri andò via da Nugoro amada negli anni ’90 prima per Firenze dove si laurearono e poi via all’avventura n America, rinventandosi a Brooklyn con un ristorante sardo fiore all’occhiello e focolare per noi nostalgici.

Sarei voluto esserci a quella cena dove eri tu, Anthony, ma sono ugualmente contento che tu c’eri, perchè hai visto come dal nulla siamo diventati una sorta di Circolo dei Sardi a New York o in America, e non è escluso che così un giorno ci registreremo coinvolgendo gli altri sardi che vivono negli States.

Siamo sardi dell’ultima generazione, non di quelli emigrati a metà del secolo scorso per disperazione con la valigia legata a spago.Non di quelli invidiosi dell’altro o taciturni e asociali. Siamo sardi moderni, tutti o quasi tra la ventina e la quarantina, mancai deu e Silviettu seusu prus beccius de bint’annus.

Siamo sardi che ogni anno o ogni due anni fanno di tutto per tornare in Sardegna a vedere la famiglia, a vedere gli amici a respirare la nostra terra.

Con la speranza, per loro segreta, per me dichiarata, che un giorno si possa rientrare fissi in Sardegna e si possa vivere in pace e in maniera migliore la nostra vecchiaia e la giovinezza dei nostri figli e nipoti.

Meno succubi, meno schiavi di Roma, magari davvero autonomi e autosufficienti. Ci crediamo. Siamo i sardi d’America del 21° secolo.