Viva l’agenzia delle entrate sarda.
Ê una cattiva notizia, in astratto? No. O almeno, non so.
È la stessa cosa per la quale firmai, anni fa, su iniziativa del comitato apartitico Fiocco Verde? No, tutt’altro.
È la stessa cosa che uno dei portavoce di quel comitato – Franciscu Sedda – ha propagandato in due occasioni, intervistato da me in TV, all’epoca della raccolta delle firme? No, tutt’altro.
Cos’è, allora?
Prendo in prestito, certo di non fare un piacere all’autore, le chiare parole che un dirigente del Consiglio regionale, ex politico, ha scritto su Facebook.
Si tratta di Tonino Dessì, persona alla quale non sto simpatico, ma che è comunque un autorevole studioso della materia legislativa.
L’agenzia tributaria della Regione è già stata istituita nella XIII legislatura (governatore Soru, presidente del Consiglio Spissu), soppressa nella XIV (governatore Cappellaci, presidente del Consiglio Lombardo) perché considerata inutile.
Così ricorda Dessì stesso, prima di aggiungere: “Oggi non è più utile di allora, ma più costosa”.
Prima di arrivare al busillis, spiegando le cose come certamente io per primo non sarei stato in grado di fare: “Non accerterà e non riscuoterà i tributi di competenza statale, cioè il 95% di quello che versiamo all’Erario pubblico complessivo. Funzionerà come un osservatorio delle entrate erariali, in collaborazione con l’agenzia statale. Riscuoterà i tributi propri della Regione (concessioni demaniali, quota di spettanza regionale dei tributi per il conferimento dei rifiuti in discarica o ad altri impianti, autorizzazioni regionali per caccia e pesca)”.
Inoltre potrà convenzionarsi con i Comuni per la riscossione dei loro tributi e avrà – questo certamente – un direttore generale e personale in quantità.
Pare che sia destinata a costare 2 milioni e mezzo di euro l’anno. Troppo, per il poco (pochissimo) che potrà fare di veramente produttivo.
Fin qui le questioni tecniche, che tutti possiamo giudicare rispetto alla mole di rivendicazioni e “gonfiature” mediatiche in queste ore da parte dei sovranisti incardinati nel centrosinistra italiano.
Di mio aggiungo solo una previsione: il governo, al 90%, impugnerà la legge, invocando un qualche profilo di incostituzionalità.
Sarà quello, in pieno momento pre-elettorale, l’attimo in cui il piano dei machiavellici ideatori di questo disegno scatterà: rivendicare la slealtà dell’Italia (peraltro già arcinota) contro i liberatori della Sardegna, che avevano posto le fondamenta del nuovo Stato attraverso questo strumento rivoluzionario.
Tutto già visto, tutto vecchio, tutto archiviabile e derubricabile a disegno politico-elettorale.
Non so chi governerà la Sardegna in futuro, né se quest’agenzia verrà soppressa.
So solo che quella di ieri è stata soprattutto un’occasione tradita.
Caro Direttore,
com’è che non sa chi governerà la Sardegna in futuro?
La strada è durissima. Nulla è e sarà semplice. Prenda sempre a riferimento la Ducato e altri imprenditori che nonostante tutto hanno realizzato e stanno realizzando il loro successo insieme a quello della Sardegna, creando opportunità per altri imprenditori e professionisti e non solo costi per la collettività (sotto forma di incentivi, danni all’ambiente e al paesaggio, vincoli e esternalità negative in genere). Si circondi di buoni consiglieri in materia economica (possibilmente lasciandoli tali), tenendo sempre lei il timone e il megafono non avendo paura di dire la sua anzitutto sugli indirizzi da seguire per un vero risorgimento della Sardegna che non può che essere anzitutto economico! “It’s the economy stupid” è valido al 100%
Pensare a come prelevare maggiormente il sangue al cavallo, quando il cavallo è morto, la dice tutta su come ragionano ancora questi burocrati.
Bisogna porre le condizioni per creare nuovi cavalli (le nuove generazioni che verranno), dare foraggio ai pochi cavalli buoni (le imprese sostenibili e strategiche) che la Sardegna oggi ha, cercare di riportare in Sardegna i cavalli vecchi (gli emigrati sardi “maturi”) che hanno fatto furore in giro per il mondo ma che possono dare ancora tanto, anche solo come consigli e tanta esperienza per la nostra isola e ………….. iniziare a galoppare!
Saluti
Scusi Direttore,
ho dimenticato un altro ingrediente fondamentale: porre le condizioni per far arrivare da fuori cavalli realmente buoni che investano le loro capacità e portino le loro reali risorse in Sardegna nei settori chiave (vero “import strategico”: attirare gli investimenti dall’esterno). Insomma l’esatto opposto dei prenditori che vengono qui in Sardegna a braccetto con i politicotti con inziative fittizie e non sostenibili, prendendo soldi pubblici, creando costi e danni all’ambiente, al paesaggio e alla salute pubblica e facendo scappare o soffocando altri imprenditori. Lei conosce molto bene il genere essendosi spesso battutto contro gli speculatori nei vari campi!
Saluti
All’indipendenza economica si arriva proprio attirando investimenti, ma tenendo saldamente la regia del modello di sviluppo da scegliere in Sardegna. Non solo a Cagliari ma in uno stretto collegamento con le reti che devono ripensare ai rapporti tra Centro e periferia, individuando strumenti di inclusione e salvaguardia. La difesa delle zone interne, depresse, isolate e rurali dev’essere la priorità assoluta di chiunque dica di voler pensare a un modello di Sardegna nuovo e migliore.
I soggetti che hanno portato avanti l’ASE sono quegli stessi che – digiuni di conoscenza delle norme europee – hanno permesso che la Sardegna fosse preda della direttiva Bolkestein, ovvero della direttiva comunitaria che – se non impugnata nelle sedi opportune – permette di privare la Sardegna della gestione delle proprie aree a mare (dalle spiagge ai porticcioli) a favore delle multinazionali.
Ignoranza? Malafede? Non lo sappiamo, ma sappiamo bene che “sapevano” ma non hanno fatto nulla, privando i giovani sardi di una strategica prospettiva di crescita.